Covid19: AMMORTIZZATORI SOCIALI PER DIPENDENTI DI AZIENDE TURISTICO/RICETTIVE – CHIARIMENTI (INPS, circolare 28 marzo 2020, n. 47)
A fronte di temporanei esuberi di personale causati dal calo di attività connesso all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e alle misure intraprese per il contenimento del contagio, le aziende turistico-ricettive possono fare ricorso a due differenti ammortizzatori sociali a seconda del numero di lavoratori dipendenti occupati.
In particolare, le aziende che occupano fino a cinque dipendenti potranno fare ricorso alla cassa integrazione in deroga; le aziende che occupano più di cinque dipendenti potranno fare ricorso alle prestazioni del Fondo di integrazione salariale.
Il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. Cura Italia) ha previsto facilitazioni per l’accesso a entrambi gli ammortizzatori sociali .
L’INPS, d’intesa con il Ministero del lavoro, ha fornito i primi indirizzi applicativi delle misure introdotte dal decreto, unitamente alle istruzioni sulla corretta gestione dell’iter di richiesta dei trattamenti.
Nel rinviare alla lettura della nota diramata dall’istituto (allegata), di seguito se ne riassumono i contenuti di più diretto interesse per le aziende associate.
Disposizioni comuni per l’integrazione ordinaria e l’assegno ordinario
L’articolo 19 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha previsto, per i datori di lavoro operanti su tutto il territorio nazionale, che hanno dovuto interrompere o ridurre l’attività produttiva per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, la possibilità di richiedere la concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale o l’accesso all’assegno ordinario.
Destinatari dell’integrazione possono essere esclusivamente i lavoratori che alla data del 23 febbraio 2020 risultano alle dipendenze dei datori di lavoro richiedenti la prestazione.
Le domande possono essere trasmesse con la nuova causale denominata “COVID-19 nazionale”, per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020 e per una durata massima di 9 settimane.
L’intervento con causale “COVID-19 nazionale” non soggiace all’obbligo di pagamento del contributo addizionale e, ai fini del computo della durata, non rientra nel limite delle 52 settimane nel biennio mobile o delle 26 settimane nel biennio mobile per l’assegno ordinario garantito dal Fondo di integrazione salariale.
Inoltre, il trattamento in questione deroga sia al limite dei 24 mesi nel quinquennio mobile per la durata massima complessiva dei trattamenti, sia al limite di 1/3 delle ore lavorabili. Pertanto, possono richiedere il trattamento di integrazione ordinaria e di assegno ordinario con causale “COVID-19 nazionale” anche le aziende che hanno già raggiunto i limiti di cui sopra.
I periodi autorizzati con causale “COVID-19 nazionale” sono neutralizzati ai fini di successive richieste.
Per l’accesso alle speciali prestazioni non occorre che i lavoratori siano in possesso del requisito dell’anzianità di novanta giorni di effettivo lavoro presso l’unità produttiva per la quale è richiesto il trattamento, ma è necessario che gli stessi siano alle dipendenze dell’azienda richiedente alla data del 23 febbraio 2020.
Le aziende che trasmettono domanda sono dispensate dall’osservanza dei termini di informazione e consultazione sindacale previsti dall’articolo 14 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, fermo restando l’informazione, la consultazione e l’esame congiunto che devono essere svolti, anche in via telematica, entro i tre giorni successivi a quello della comunicazione preventiva.
La dispensa dall’osservanza dell’articolo 14 comporta, in particolare, che le aziende non sono tenute alla comunicazione all’istituto della avvenuta consultazione. Pertanto, all’atto della presentazione della domanda di concessione dell’integrazione salariale ordinaria e dell’assegno ordinario, non deve essere data comunicazione all’INPS dell’esecuzione degli adempimenti di cui sopra, e l’istituto potrà procedere alla adozione del provvedimento autorizzatorio, se tutti gli altri requisiti risultano rispettati.
Il termine di presentazione delle domande con causale “COVID-19 nazionale” è individuato alla fine del quarto mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa.
Riguardo alla decorrenza del termine di presentazione delle domande, per gli eventi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa iniziati nel periodo ricompreso tra la data del 23 febbraio 2020 e la data del 23 marzo 2020, il dies a quo coincide con la predetta data .
Per gli eventi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa verificatisi dal giorno successivo a tale data, la decorrenza del termine di presentazione della domanda seguirà le regole ordinarie e, quindi, è individuato nella data di inizio dell’evento di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.
Tenuto conto del carattere eccezionale della nuova causale e delle esigenze di immediato ristoro sottese alle richieste di prestazioni, l’istruttoria delle domande è improntata alla massima celerità e, per tali ragioni, la valutazione di merito delle stesse risulta notevolmente semplificata rispetto a quella ordinaria.
Pertanto, le aziende non dovranno fornire alcuna prova in ordine alla transitorietà dell’evento e alla ripresa dell’attività lavorativa né, tantomeno, dimostrare la sussistenza del requisito di non imputabilità dell’evento stesso all’imprenditore o ai lavoratori ed allegheranno alla domanda solo l’elenco dei lavoratori destinatari.
In merito alle modalità di pagamento della prestazione, rimane inalterata la possibilità per l’azienda di anticipare le prestazioni e di conguagliare gli importi successivamente, così come, in via di eccezione, la possibilità di richiedere il pagamento diretto da parte dell’INPS; in conseguenza della particolare situazione di emergenza, in questo ultimo caso, le aziende potranno chiedere il pagamento diretto senza obbligo di produzione della documentazione comprovante le difficoltà finanziarie dell’impresa.
Datori di lavoro ubicati nella c.d. zona rossa
Per le aziende che hanno unità produttive situate nei comuni di cui all’allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1° marzo 2020 (c.d. zona rossa), nonché per le imprese collocate al di fuori dei predetti comuni, ma con lavoratori residenti o domiciliati nei comuni medesimi il trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario ai sensi dell’articolo 19 del decreto in esame, con causale “COVID-19 nazionale”, eventualmente richiesto, si aggiunge ai trattamenti richiesti, ai sensi dell’articolo 13 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, utilizzando la causale “Emergenza COVID-19 d.l.9/2020”.
Pertanto, è possibile per le aziende vin questione richiedere l’integrazione salariale ordinaria e l’assegno ordinario per 13 settimane, con causale “Emergenza COVID-19 d.l.9/2020” e, per ulteriori 9 settimane, con causale “COVID-19 nazionale”. Se i periodi delle due domande con distinte causali sono coincidenti, è necessario che i lavoratori interessati dagli interventi siano differenti, mentre se i periodi richiesti non si sovrappongono i lavoratori possono essere gli stessi.
Aziende con procedura già aperta
Le aziende che hanno già in corso un’autorizzazione di integrazione salariale ordinaria o di assegno ordinario o hanno presentato domanda non ancora autorizzata, con qualsiasi causale, possono richiedere comunque l’integrazione ordinaria o l’assegno ordinario con causale “COVID-19 nazionale”, anche per periodi già autorizzati o per periodi oggetto di domande già presentate e non ancora definite. In caso di concessione, l’istituto provvederà ad annullare d’ufficio le precedenti autorizzazioni o le precedenti domande relativamente ai periodi sovrapposti. Resta fermo che le nuove autorizzazioni con causale “COVID-19 nazionale” possono essere concesse solo per periodi a decorrere dal 23 febbraio 2020 o da data successiva al 23 febbraio 2020, per massimo 9 settimane e non oltre il 31 agosto 2020.
Ferie e malattia
L’istituto evidenzia inoltre che l’eventuale presenza di ferie pregresse non è ostativa all’eventuale accoglimento dell’istanza di integrazione o assegno ordinario.
La nota precisa inoltre che il trattamento di integrazione salariale sostituisce in caso di malattia l’indennità giornaliera di malattia, nonché la eventuale integrazione contrattualmente prevista.
Disciplina specifica dell’assegno ordinario del Fondo di integrazione salariale
Ad integrazione di quanto esaminato al precedente paragrafo, l’istituto fornisce ulteriori specifici chiarimenti in relazione alle disposizioni dell’articolo 19, comma 5, del decreto-legge n. 18 che dispone il riconoscimento della prestazione dell’assegno ordinario, limitatamente a nove settimane e nell’anno 2020, anche ai lavoratori dipendenti presso datori di lavoro iscritti al Fondo di integrazione salariale che occupano mediamente più di 5 dipendenti.
Per quanto riguarda le possibilità di utilizzo, l’istituto conferma che, limitatamente all’anno 2020, al trattamento in questione non si applica il tetto aziendale pari a dieci volte l’ammontare dei contributi dovuti dal datore di lavoro.
In merito alle modalità di pagamento della prestazione, per le aziende con dimensione aziendale sopra i 15 dipendenti rimane inalterata la possibilità per l’azienda di anticipare le prestazioni e di conguagliare gli importi successivamente, così come, in via di eccezione, la possibilità di richiedere il pagamento diretto da parte dell’INPS; è stato previsto, in conseguenza della particolare situazione di emergenza, che in questo ultimo caso le aziende possano chiedere il pagamento diretto senza obbligo di produzione della documentazione comprovante le difficoltà finanziarie dell’impresa.
Per le aziende con dimensione aziendale superiore ai 5 e fino ai 15 dipendenti, l’articolo 19, comma 5, del decreto-legge in esame, prevede la possibilità di accedere al pagamento diretto.
Durante il periodo di percezione dell’assegno ordinario non è erogata la prestazione accessoria degli assegni al nucleo familiare.
Cassa integrazione in deroga
L’articolo 22, comma 1, del decreto Cura Italia prevede, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, che le regioni e le province autonome interessate possono riconoscere trattamenti di cassa integrazione salariale in deroga, per la durata della sospensione del rapporto di lavoro e comunque per un periodo non superiore a nove settimane, con riferimento ai datori di lavoro per i quali non trovano applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni in materia di sospensione o riduzione di orario, in costanza di rapporto di lavoro.
Con riferimento alla platea dei datori di lavoro interessati alla cassa integrazione in deroga, l’istituto ribadisce che coloro che hanno diritto di accedere alle prestazioni di assegno ordinario (nel caso delle aziende turistico-ricettive, i datori di lavoro con più di cinque dipendenti) dovranno richiedere la prestazione con causale “COVID-19 Nazionale” al Fondo di integrazione salariale e non potranno accedere alle prestazioni in deroga.
La prestazione di cui al medesimo articolo, consentendo il ricorso alla prestazione di cassa integrazione in deroga sull’intero territorio nazionale per i lavoratori dipendenti di ogni settore produttivo, sono aggiuntive sia rispetto alle disposizioni già adottate per i trattamenti in deroga, che rispetto ai trattamenti specifici previsti per le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, di cui agli articoli 15 e 17 del decreto-legge 2 marzo 2020 n. 9.
In merito agli accordi sindacali previsti dal comma 1 dell’articolo 22 del decreto-legge in esame, è chiarito che i datori di lavoro con dimensioni aziendali fino ai 5 dipendenti sono esonerati dall’accordo, mentre per dimensioni aziendali maggiori, la cassa integrazione in deroga sarà autorizzata dalle regioni e province autonome previo accordo, raggiunto anche in via telematica, con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale per i datori di lavoro.
La disposizione riconosce ai beneficiari dei trattamenti in argomento la contribuzione figurativa e i relativi oneri accessori (ANF) ove spettanti.
Il trattamento si applica esclusivamente per quei lavoratori che sono impossibilitati, a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, a prestare la propria attività lavorativa, purché risultino alle dipendenze dell’azienda richiedente la prestazione alla data del 23 febbraio 2020. Tra tali lavoratori rientrano anche i lavoratori intermittenti di cui agli articoli da 13 a 18 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, occupati alla data del 23 febbraio 2020.
Secondo le istruzioni a suo tempo diramate dall’istituto, l’accesso dei lavoratori intermittenti al trattamento in deroga è riconosciuto qualora il lavoratore abbia risposto alla chiamata prima del verificarsi della causa per cui sono state richieste le integrazioni salariali e nei limiti delle giornate di lavoro effettuate in base alla media dei 12 mesi precedenti.
Al trattamento in questione non si applicano le disposizioni relative al requisito dell’anzianità di effettivo lavoro, né è dovuto il contributo addizionale. Non si applica altresì la riduzione in percentuale della relativa misura in caso di proroghe dei trattamenti di cassa integrazione in deroga.
L’eventuale presenza di ferie pregresse non è ostativa all’accoglimento dell’istanza.
La prestazione è concessa con decreto delle regioni e delle province autonome interessate, che provvedono anche alla verifica della sussistenza dei requisiti di legge, fatto salvo quanto previsto con riferimento alle c.d. aziende plurilocalizzate (v. infra). La prestazione è erogata dall’INPS.
Cassa integrazione in deroga per le aziende plurilocalizzate
Il decreto ministeriale 24 marzo 2020, n. 3 ha previsto, laddove ci siano datori di lavoro con più unità produttive site in cinque più regioni o province autonome (c.d. aziende plurilocalizzate) che la prestazione di cassa integrazione in deroga venga concessa con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Nel caso di datori di lavoro rientranti nelle specifiche sopra descritte il ministero, entro 30 giorni dall’invio della domanda da parte dell’azienda, effettua l’istruttoria e, nel caso in cui accerti la sussistenza dei presupposti, quantifica l’onere previsto e lo trasmette all’INPS. Il provvedimento di concessione è emanato con decreto del Ministero del lavoro, nel rispetto dei limiti di spesa programmati.
A seguito dell’avvenuta emanazione, l’azienda invia la richiesta di pagamento di cassa integrazione in deroga all’INPS sulla piattaforma “CIGWEB” indicando il numero del decreto di concessione. L’INPS, effettuata l’istruttoria, emette l’autorizzazione inviandola all’azienda a mezzo PEC. Successivamente alla ricezione del provvedimento di autorizzazione, i datori di lavoro dovranno inoltrare all’Istituto la documentazione per la liquidazione dei pagamenti, avvalendosi del modello “SR 41”, al fine di consentire alle strutture territoriali dell’istituto di erogare le prestazioni in argomento con le stesse modalità in uso per le prestazioni di cassa integrazione in deroga.
Anche nel caso delle aziende plurilocalizzate si applicano le disposizioni previste per la decretazione regionale in relazione al requisito soggettivo dell’anzianità lavorativa, all’esenzione del contributo addizionale e alla riduzione percentuale.
Per i datori di lavoro plurilocalizzati, ma con unità produttive site in meno di cinque regioni o province autonome, la domanda è effettuata, ove ricorrono i presupposti, presso le regioni dove hanno sede le singole unità produttive
Allegato CIRCOLARE INPS n.47 del 28/03/2020 (clicca qui)